La Piadina della Madonna

La butti sul testo rovente, uno o due minuti e si colora, la giri, carichi
velocemente di robba e pieghi in due, poi scaldi un po’ un lato un po’ l’altro fino a coloritura desiderata.
Se non hai il testo usa una padella antiaderente (ghisa o teflonata).
Pesante, mi raccomando.
Consigli per la farcitura: entra in una pizzeria, fatti dare una copia del menu’ delle pizze, vai al negozio e compra tutti gli ingredienti che leggi li, torna a casa e sbatti tutto nella piadina.
L’idea di fondo e’:
“vorrei una piadina”
“certo, con cosa la desidera?”
“tutto, tranne il fucking uovo crudo”

Burp appetit

Scrotolette di pollo

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Ingredienti:
petto di pollo a fette, quanto ne vuoi
uova sbattute, quante ne bastano
pangrattato, tanto
olio di semi di arachidi
un paio di coglioni

Procedimento:
Grattati i coglioni. Batti le fette di pollo col batticarne e mettile tutte nell’ovo sbattuto, lavati le mani e grattati i coglioni. Grattati ancora i coglioni mentre in padella si scalda abbondante olio, diciamo 3-4 mm di spessore, passa qualche fetta nel pangrattato e mettila in padella, poi grattati i coglioni e gira le fette quando sono dorate sotto. Toglile dalla padella e posale su carta da cucina grattandoti i coglioni. Ripeti fino a cottura completata di tutte le fette e grattati i coglioni. Servi grattandoti i coglioni.

Come mangiate/mangiavate la pizza da diporto, quella nel cartone, quando non avete dove mettervi comodi?

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Io uso una tecnica che non so bene da dove mi arrivi, magari l’ho inventata o magari l’ho imparata, nonzo. Si prende il cartonazzo e lo si scoperchia, quindi si prende il bordino opposto a quello dove e’ incernierato il coperchio e lo si sgancia dai due lati adiacenti per abbassarlo, in modo che non faccia piu’ da bordo e risulti piatto con il fondo. A questo punto si riabbassa il coperchio e ci si ritrova in mano il cartonazzo chiuso come in origine ma aperto da un lato basso corto, come una feritoia. Qui giunti, basta infilare due ditine dentro e aiutarsi con la forza di gravità per tirare all’infuori la pizza quanto basta per farla sporgere dal cartone di un bel morso, dopodiché si morde con gioia, spiaccicando il naso sul cartone superiore (specie in inverno alle 3 di notte quando hai il naso che cola e li sopra il cartone si forma una situazione mucosa che non riusciresti mai a spiegare in modo convincente) e con calma ci si gode il pizzone, comodo e pure  termoprotetto. Questa tecnica, oltre a causare complimenti e stupori vari, mi e’ stata più volte imitata, quindi giusto per amor di gloria chiedevo se per caso qualcuno ne avesse sentito parlare lontano da Reggio Emiglia, sarebbe bello sapere che ha varcato l’angusta provincia.
Morale del post: mica pizza e fichi…

Disclaimer: chi dice che cosi’ si sente il sapore del cartone non ha mai fumato 30 sigarette in una serata al Maffia

L’infamia del checiap piccante

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Non esiste, proprio non esiste, ci sono dozzilioni di boccetti di checiap con la scritta piccante che non sono piccanti! Minchia è come vendere profilattici bucati o grappa analcolica, non si può, eppure ciò avviene a tutto spiano ogni giorno e nessuno dice niente. Allora ci ho pensato: gente nelle strade, bandiere con disegnati dei cayenna, degli habanero, gente che allo spray urticante degli agenti risponde porgendo piatti di spaghetti aglio e olio.

Poi mi sono ripigliato e ho pensato di fare qualcosa. Ho preso il solito boccetto di checiap inutilmente piccante, l’ho stappato, ho stappato il boccetto di cayenna macinato e via, abarthizziamo il checiap. Adesso funziona, test passato con un 8 su 10. Cotica vs Kraft: 1 – 0.

La pajardina maledetta

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Questo settembre, o agosto, sono finito in questa ridente cittadina che una volta era tutta un’acciaieria, a chiacchierare di softuer con dei soggetti del posto intenzionati a mettere su una supercazzola che prematuri da sola. Ovvially, arrivata l’una e mezza si stacca un attimino e si finisce in questa amena mensa. Quando ariviamo io e il cefo che era con me gli altri sono gia’ a tavola, e qua la prima bestemmia intestinale: ma perche’ hanno ordinato solo delle stracazzo di fante coche e acque? Niente, dovro’ di nuovo sverginare io il muro dell’alcool con una birra, che arrivera’ in bicchiere di plastica da 33 marcato Ainechen. Prendo la lista della comanda e la scorro al volo, ero pieno di carboidrati da una pastasciuttata o pizzata la sera prima, ai dont rimember , cosi’ ordino la “pajardina”. Una volta si chiamava svizzera, bistecca di macinato, amburgher, poi un culano di alto bordo deve aver visitato l’italia per diffondere questo nuovo nome: “pajardina”.
Mavaffanculo.
Comunque, la pajardina arriva e sono due svizzere piuttosto sottili su un piatto bianco con bava gialla sul fondo, sembra un olio d’oliva che ha visto due o tre guerre, ma magari e’ il limone, sai, certi IDIOTI ci mettono pure il limone, per coprire l’urendita’ delle loro “pajardine”. Infilo in bocca, addento, sbianco, taccio, allontano lascella e mandibola per sottrarle al caldo e puttanesco abbraccio di quella troia di pajardina. Un merda incredibile, senza senzo, niente che andava, niente. Sapore dominante: Svelto per Grandi Famiglie, che lameno la piastra la puliscono… secondo sapore: indescrivibile merda che cerca di ricordare la carne ma inciampa a molti metri dal traguardo. Terzo sapore: e che, uno cia’ ancora voglia di aguzzare le papille dopo queste due mezzate tra capo e collo? Ad averceli avrei buttato giu’ tequila e peperoncino. Ma proseguiamo, il sapore non e’ tutto: infatti c’e’ l’odore, nauseante, di olio strafottuto. Pardon, strafritto. Dolciastro, amaro, decisamente troppo diluito per essere schietto… chissa’ cosa cazzo ci avevano messo dentro. Purtroppo pero’ c’e’ anche la consistenza, e quella era in linea col resrto. A occhi chiusi potevi pensare che ti avessero macinato una svizzera gia’ cotta mescolandola 3 (svizzera) a 7 (burro) con del burro: una fottuta massa grassa e gelatinosa e priva di tessuti e fibra, un niente, con in mezzo qualche pezzo di svizzera. Incredulo, attribusco il tutto a un mio flashback di qualche afro dei primi anni ’90, ma non e’ cosi’: offro il piatto al collega vicino a me, lui infila un pezz di “pajardina”, lo assaggia, uguale a me: dopo un secondo strabuzza gli occhi, dopo un secondo e mezzo sembra stia mangiando merda, dopo due secondi sputa nel piatto il boccone masticato 3 volte in tutto. Trattiene una bestemmia e dice “Ma qui ci vogliono ammazzare?” e ride d’incredulita’. Anche lui non aveva mai mangiato una merda simile. Gli altri, un altro collega e tre del posto, ci guardano e chiedono cosa non va. Chiedo “Ma c’e’ nessuno che ha mai mangiato questa cosa e poi e’ tornato a prenderla? Non ci credo…” e uno dei cefi di li mi dice “Io! La prendo quasi sempre, neh.” Neh un cazzo, PD, una merda cosi’, neanche un bambino di 7 anni te la cucina. State all’occhio!

La cena gajarda de ierzera

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Ciavevo voja di fare n’cazzo, ieri, cosi’ mentre shoppavo per birra, vino e qualcosa da magnare mi son fermato al banco pane, che li hanno il forno loro e sono pure bravi. C’e’ di tutto: focaccia liscia, coi pomodorini, coi funghi, col gorgonzola… e la loro pasta da focaccia e’ spettacolare infatti spesso la prendo liscia, di rado coi pomitorini, e poi tutte ste pizze, pizzette, lingue di pizza, nastri dipizza, cinture falliche di pizza, insomma varie declinazioni del piatto che ha reso famosa la citta’ di nino d’angelo, poi un fottio di pani vari e poi le paste.
Che cazzo guardo le paste alle 6 di sera, sono scemo?
Si, e pure conclamato: “Due sfogliatelle con la crema, no non quelle, si popio quelle due li. Quel bombolone li, e… massi’, quella minicrostata all’albicocca la, ok, grazie”.
Molto sobrio.
Arrivo a casa, cazzeggio e birreggio, alle 8 e qualcosa la fame improvvisa e tremenda mi scaraventa giu’ dalla sedia.
Col cazzo che mi bastano due sfogliatelle grandi come pacchetti da 10 sigarette, un bamba e una crostatina del diametro di un CD, che cazzo c’e’ di solido in frigo? Salamella mantovana, aka salsiccia, e vino bianco da cucina, un friuli grave davvero grave, lo stiamo perdendo [cit.]. Pentolino, salsiccino e vino fino a coprillo, e vai con la salsiccia in riduzione di vino bianco. Pero’ ci vuole mezz’ora buona, cazzo faccio nel frattempo, che la fame spinge?
Antipasto: mi scofano tutte e 4 le paste. Validissima la frolla della grostatina, sembra davvero di pasticceria, questi son popio bravi. Do un’altra brutta botta alla bottiglia di grave che purtroppo muore li, rutto e vado a vedere come sta il botulus in vino (veritas, dio democristiano). Salsiccia cotta e sugo ancora un filino lungo, alzo la fiamma e metto in forno uno sfilatino dello zio antunell’ e in pochi minuti la salsiccia in riduzione e’ perfetta e il pane pure.
Pane nella sinistra, forchetta nella destra, la salsiccia fatta cosi’ e’ sempre un’esperienza mistica. Tra un boccone e l’altro si piazza del pane nel sugo e lo si usa per i bocconi a venire, o si puccia direttamente il panone nel suco, di quando in quando un po’ di senape temeraire che e’ bella tosta, qua e la un tocco di checiap piccante davvero (ovvero addizionato da me di cayenna secco macinato), ogni 40 secondi scarsi una bicchierata, vari rutti e credo di avere anche scurreggiato un paro di volte, insomma il figlio di omer simpson e siusi bledi.
Pura goduria.

La salsiccia in vino e’ consigliatissima, la puo’ fare anche un rinco ubriaco: si butta la salsiccia/e in un pentolino, si copre di vino e si fa lessare per almeno mezz’ora badando che il vino ingrassato raggiunga la densita’ di un sugo da scarpettare. Ieri in un pentolino diametro 18cm ci sono andati una salsiccina da 300g e mezzo litro di vinello. Io preferisco il bianco ma e’ fattibile anche con vino rosso, due anni fa poi lo feci col lambro copiando un ristorante montanaro e ne usci’ un gran bel prodottino. E prima o poi provero’ con un passito, tipo un pantelleria della pellegrino per non sprecare, perche’ secondo me ci deve venire un lavorino mica male.

Presentazione

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Benvenuti su Cotica Snob, lo scaffale semi-serio in cui andrò a raccogliere i tanti appunti eno gastronomici che quotidianamente mi passano per la testa, idee e appunti coi quali, fino a poco tempo fa, ero solito annoiare i frequentatori di alcuni sfortunati newsgroup. Tutto questo finché un giorno Prometeo, che manco so chi fava sia, colto da illuminazione probabilmente dovuta ad un buon piatto di fagioli e cotiche, mi consigliò di farne un blog.
Perchè no?
E allora ecco Cotica Snob, nome che dice già tutto: Cotica, indice di cucina grassa e al contempo antica, semplice e conviviale, e Snob, che con Cotica forma un ossimoro per rimarcare lo spirito cazzeggiante e goliardico di questo blog. Le imprese culinarie spesso trash e lo stile linguistico stravagante, quando non strafottente, sono gli altri elementi di goliardia del blog.
Parte degli articoli che pubblicherò erano in origine dei post su alcuni newsgroup usenet, in particolare it.arti.trash, altri invece nascono proprio per Cotica Snob.
Qua e la ci sono riferimenti a un certo ViLco, non preoccupatevi, niente bipolarismo: ViLco è il nickname che uso sui newsgroup di cui sopra, quindi sempre il sottoscritto ma sotto mentite sfoglie. Già, sFoglie 🙂

Un avviso ai naviganti: qui il turpiloquio non manca, è intimamente connesso allo spirito goliardico del blog, perciò se siete sensibili alle parulazze, beh… siete avvisati.

Sperando che queste pagine vi siano gradite, vi passo la foto di alcune Pin-Up in tema con il blog. Ah, dimenticavo… qui Food Valley, Emilia.Image